venerdì 1 gennaio 2016

I battenti aprono il 13 febbraio 2016

Musei San Domenico di Forlì annunciano, a partire dal 13 febbraio 2016, “Piero della Francesca. Indagine su un mito”.

Va subito detto che una mostra come questa non si è mai realizzata. 

Riuscire  a proporre un confronto di questo livello con i più grandi maestri del Rinascimento, da Domenico Veneziano, Beato Angelico, Paolo Uccello a Andrea del Castagno, tra gli altri, è operazione non semplice. 


Così come è complesso il riuscire a documentare, riunendo sempre i veri capolavori, l’influsso di Piero sulla generazioni di artisti a lui successiva: Marco Zoppo, Francesco del Cossa, Luca Signorelli, Melozzo da Forlì e Antoniazzo Romano ma anche Giovanni Bellini e Antonello da Messina. 

Ma questa mostra, che già così sarebbe un evento storico, si spinge oltre, indagando il mito di Piero quando esso rinasce, dopo i secoli dell’oblio, nel moderno, nei Macchiaioli, Borrani, Lega, Signorini, ad esempio. Ma soprattutto per il fascino che la sua pittura ha su molti artisti europei: da Johann Anton Ramboux o Charles Loyeux, fino alla fondamentale riscoperta inglese del primo Novecento, legata in particolare a Roger Fry, Duncan Grant e al Gruppo di Bloomsbury.

Poi gli echi pierfrancescani che risuonano in Degas, Seurat e Signac, nei percorsi del postimpressionismo, tra gli ultimi bagliori puristi di Puvis de Chavannes, le sperimentazioni metafisiche di Odilon Redon e, soprattutto, le vedute geometriche di Cézanne. La fortuna novecentesca dell’artista è affidata agli italiani Guidi, Carrà, Donghi, De Chirico, Casorati, Morandi, Funi, Campigli, Ferrazzi, Sironi confrontati con fondamentali artisti stranieri come Le Corbusier, Balthus e Edward Hopper che hanno consegnato l’eredità di Piero alla piena e universale modernità.

E’ l’affascinante rispecchiamento tra critica e arte, tra ricerca storiografica e produzione artistica nell’arco di più di cinque secoli a costituire il filo conduttore della mostra Piero della Francesca. Indagine su un mito. Dalla fortuna in vita - Luca Pacioli lo aveva definito “il monarca della pittura” - all’oblio, alla riscoperta.

L’eterna immobilità dei solidi umani di Piero, di questi volti appena sfiorati da un’ombra di passione continua ad eternare le sue figure, innalzandole al di sopra del caos, della mediocrità, in una pace sovrannaturale che ce le mostra ancora oggi come rivelazioni.



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